Quando si tratta del concetto di invidia bisogna porre attenzione a un’importante distinzione. Nel suo bel libro "La vita in comune" Todorov nota che abbiamo bisogno del riconoscimento da parte degli altri come dell’aria che respiriamo. Riconoscimento vuol dire che gli altri parlino bene di noi. Spesso ci dà più piacere che qualcuno dica che viviamo in una bella casa, piuttosto che vivere in una bella casa. Questo dipende dal fatto messo in luce da Gehlen che la nostra formazione del sé passa attraverso un continuo confronto con gli altri fin dai primi anni di vita. Ci sono due forme di invidia: quella del piacere, che proviamo di fronte a qualcuno che ha accesso a un piacere che in quel momento è per noi precluso, e quella del riconoscimento, che è legata alla vista di un riconoscimento a qualcuno che a noi è precluso. Anche l’invidia del riconoscimento è un’invidia per il piacere di qualcun altro, ma per un piacere mediato dal riconoscimento. In generale l’invida per il piacere diretto è abbastanza naturale e innocua, perché può portare a forme di aggressione nei confronti di chi viene invidiato, ma si tratta di attacchi diretti abbastanza facili da smascherare. Per contro, l’invidia del riconoscimento è subdola perché agisce nell’ombra. Si pensi a Danglars che, assieme a Fernand, denuncia Edmond Dantés come agente bonapartista, facendolo finire per quattordici anni nella prigione del castello d’If. Edmond evaderà e poi con l’aiuto del tesoro di Montecristo rivelatogli dall’abate Faria si vendicherà in modo sottile e tremendo dei suoi delatori. Danglars invidia soprattutto il riconoscimento che Edmond sta per ottenere quale futuro capitano del Faraone. Che bestie invidia e riconoscimento.
giovedì 3 settembre 2009
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1 commento:
Una domanda mi sorge spontanea: cosa hai mangiato ieri sera Simone? Oppure sono ancora gli effetti del post-derby che si fanno sentire?
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